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Lavoro in Italia: il declino dell’occupazione giovanile

Negli ultimi vent’anni, il mercato del lavoro italiano ha subito una trasformazione importante: il numero di giovani occupati è drasticamente calato, mentre la presenza degli over 50 è aumentata in modo significativo. Secondo il “Rapporto Demografia e forza lavoro” pubblicato dal Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel), tra il 2004 e il 2024 l’Italia ha perso oltre due milioni di lavoratori under 35, mentre gli occupati tra i 50 e i 64 anni sono quasi raddoppiati. Questo cambiamento, dettato da fattori demografici e dalle politiche pensionistiche, sta portando a un impoverimento della forza lavoro e a un aumento della dipendenza economica della popolazione anziana.


occupazione giovanile

Nel 2004, i lavoratori sotto i 35 anni rappresentavano oltre il 33% degli occupati, mentre oggi costituiscono meno del 23%. Al contrario, la percentuale di occupati sopra i 50 anni è cresciuta dal 20% a oltre il 40%, superando per la prima volta la fascia centrale dei lavoratori tra i 35 e i 49 anni. Questa tendenza è in parte dovuta all’innalzamento dell’età pensionabile e alla denatalità, che riduce il numero di giovani disponibili a entrare nel mondo del lavoro.


Un altro elemento critico evidenziato dal Cnel riguarda il calo della popolazione maschile nella fascia 35-49 anni, tradizionalmente considerata il motore economico del Paese. In dieci anni, questa categoria è passata da oltre 7 milioni di persone nel 2014 a 5,7 milioni nel 2024, e il numero complessivo di occupati nella stessa fascia d’età è diminuito da 10,5 a meno di 8,8 milioni.


L’invecchiamento della forza lavoro e la perdita di giovani lavoratori stanno avendo un impatto diretto sull’economia italiana. L’indice di dipendenza degli anziani ha superato il 40%, posizionando l’Italia ben al di sopra della media UE-27. Questo significa che ogni lavoratore attivo deve sostenere economicamente un numero crescente di pensionati, un equilibrio insostenibile nel lungo periodo. Inoltre, il gap occupazionale tra l’Italia e gli altri Paesi europei rimane significativo: il tasso di occupazione giovanile è inferiore di 10-15 punti percentuali rispetto alla media UE.


Per invertire questa tendenza, il Cnel suggerisce di puntare su tre categorie chiave: giovani, donne e immigrati. Le politiche pubbliche dovrebbero concentrarsi su:

  • Migliorare la transizione scuola-lavoro per facilitare l’accesso dei giovani al mercato del lavoro;
  • Promuovere l’occupazione femminile, che in Italia rimane tra le più basse d’Europa, anche attraverso misure di conciliazione vita-lavoro;
  • Valorizzare la forza lavoro immigrata, riducendo le barriere all’integrazione e alla stabilizzazione occupazionale.

Secondo Alessandro Rosina, consigliere del Cnel, l’Italia deve investire sulla qualità della formazione, sull’efficienza dei servizi per l’impiego e sulla conciliazione tra lavoro e vita privata. Un miglior accesso al lavoro per giovani e donne non solo garantirebbe maggiore stabilità economica, ma avrebbe anche effetti positivi sulla natalità e sulla riduzione delle disuguaglianze territoriali, in particolare nel Mezzogiorno. Inoltre, l’adozione di nuove tecnologie potrebbe contribuire a colmare il gap generazionale nel mercato del lavoro, rendendo le aziende più competitive e attrattive per le nuove generazioni.