Molti di noi vedono i lavori manuali come mestieri di serie B, ma da recenti studi una bella fetta dei giovani di oggi (39% degli studenti pre-diploma) vorrebbe intraprenderli. Ma come si spiega questo contrasto tra generazioni? Vediamolo insieme.
Quali sono i lavori manuali?
Per lavori manuali intendiamo questi mestieri in cui è appunto richiesta una certa manualità in senso fisico. Oltre alle classiche figure come operai, cuochi, camerieri, magazzinieri e addetti alle pulizie, ci sono anche quelle a contenuto tecnico come i manutentori elettrici, montatori, meccanici, artigiani.
Quali sono i benefici di un lavoro manuale rispetto a uno impiegatizio?
La scelta di un lavoro manuale può portare diversi benefici:
- Stabilità
“Saltando” il percorso accademico si acquisisce esperienza più in fretta e questo porta ad un CV più ricco in tempi più brevi. - Flessibilità
Le persone che svolgono questo tipo di impiego diventano più flessibili, accettando condizioni come l’assenza di smart working, la presenza di trasferte o il lavoro su turni. Questo fa maturare questa importante soft skill. - Creatività
Ci sono molti lavori manuali che fanno sviluppare la creatività, uno fra tanti quello del meccanico. Il problem solving è la soft skill che esprime al massimo le potenzialità creative di una persona (le famose soluzioni out of the box). - Abilità relazionali
Molte attività manuali sono correlate dal rapporto diretto con la clientela (per esempio la cassiera) e ciò porta ad uno sviluppo dell’assertività maggiore rispetto al lavoro “solitario” davanti al computer.
Perché abbiamo pregiudizi nei confronti dei lavori manuali?
Ormai decenni fa esisteva una chiara distinzione tra attività intellettuali e quelle manuali. Chi studiava poteva permettersi un impiego più redditizio con maggiori responsabilità, stabilità e benessere in generale.
Ma possiamo dire la stessa cosa per i giorni d’oggi?
Ottenere una laurea assicura davvero una posizione lavorativa stabile? La remunerazione è adeguata agli anni di studio? Le attività “intellettuali” non sono sostituibili dall’intelligenza artificiale?
C’è un’incredibile discrepanza tra la nuova generazione e i “boomer”. La maggior parte dei genitori di oggi (72%) sono fermi dell’idea che la laurea assicuri un lavoro stabile e ben retribuito e che il lavoro qualifichi la persona, mentre i giovani sono più attenti ai loro desideri (come l’interesse per l’equilibrio lavoro/vita privata e le tematiche ambientali) e più consci delle dinamiche lavorative odierne.
Stiamo assistendo a un’inversione dei ruoli, i lavori manuali stanno acquisendo più appetibilità (i dati parlano chiaro) e stabilità. Invece di intraprendere un corso di studi di magari 5 anni, si preferisce investire quegli anni direttamente sul campo.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, quali saranno i lavori a venire meno? Quelli intellettuali o quelli manuali?
Si tratta di una domanda a cui è difficile dare risposta ora, ma entrambi i tipi di professione sono equamente sostituibili. Serviranno sempre manutentori per le macchine, mentre probabilmente potremo fare a meno degli addetti all’inserimento dati.
E per le professioni digitali?
I corsi universitari non possono restare al passo con le novità del mondo digitale e questo in qualche modo si collega con il tema dei lavori manuali. Dobbiamo considerare di serie B tutti i mestieri che non richiedono necessariamente una laurea? O forse dovremmo smettere di valutare un lavoro solo dal suo stipendio e concentrarci di più su altri aspetti?
Forse è il momento di invertire la formula. Non è il lavoro a qualificare la persona, ma la persona che rende il lavoro qualificato.